La signora e il karkadè

Erano belle giornate invernali come quelle di questi giorni, ma avevo 10 anni circa e insieme ad un amico pietrese, con le nostre inseparabili bmx, salivamo su e giù dal montegrosso, quasi ogni giorno.  Non era la passione per le "grandi scalate" la motivazione di fondo delle nostre corse.

In quegli anni, e a quell'età, quando uscivi di casa dovevi ricordarti di portarti dietro giusto le chiavi (a volte neanche quelle) e magari qualche spicciolo per comprare la merenda. Niente telefonini, niente stati da scrivere, niente mi piace da controllare, niente foto da scattare e condividere. Non ci facevo caso, ma ero davvero libero. Io, la mia bicicletta, l'aria in faccia, i colori delle case che passavi una ad una e il tempo che poteva cambiare da un momento all'altro. Non avevi l'App del meteo per controllare eventuali perturbazioni in arrivo. Se la pioggia ti sorprendeva, te la prendevi tutta. E chi se ne frega, saresti tornato a casa con i vestiti tutti bagnati, ti saresti beccato una bella ramanzina. 

Vita

A volte, dopo un po' di salita, io e il mio amico appoggiavamo le braccia al manubrio della bmx per reggere la testa, già grondante di sudore. Seguivano pochi secondi di silenzio, il canto degli uccelli poco lontani ma chissà dove, le voci distanti provenienti dalle case circostanti. Poi, alzavamo la testa, ci guardavamo e uno dei due diceva: "Forza andiamo, dai". E si ripartiva.

Ancora, Vita

Un pomeriggio decidemmo di avventurarci lungo un sentiero stretto e, nonostante il sole splendente, buio per via dei rami e delle foglie degli alberi che lo coprivano tutto. In fondo al percorso tornava la luce, gli alberi e le foglie lasciavano spazio ad una serie di piccole case. E proprio una di queste, la prima alla fine del sentiero, aveva un piccolo cancello verde, un bel giardino, evidentemente curato da una mano esperta,  un tavolo da picnic e un bel dondolo verde, tremendamente invitante dopo tanta fatica.

Mi fermai, attratto da non so cosa. Il mio amico, ignaro della mia frenata, continuò a pedalare. Si fermò poco dopo, percependo la mia assenza. Una signora sulla settantina, proprio vicino a quel dondolo, stava dando da bere alle sue piante. Il nostro rumoroso arrivo dal sentiero aveva interrotto il silenzio di quel caldo pomeriggio. La signora mi guardò sorridendo e con un cenno della mano mi invitò all'entrata del cancello. Il mio amico, incuriosito, si avvicino anche lui.

"Ciao bei giovanotti, dove andate di bello?" ci chiese radiosa osservando le nostre bici.

Non si parla agli sconosciuti, o quanto meno, non si dà confidenza. Ma chi ci pensava in quel momento? Siamo istintivi, spesso. E poi sono cresciuto "per strada", situazioni simili (e ben peggiori) erano il pane quotidiano per due giovanotti come noi. 

"Facciamo un giretto in bicicletta e andiamo a trovare delle compagne di scuola, abitano proprio quassù! Che bel giardino!" risposi senza pensare alle conseguenze.

Manco a dirlo, la signora ci invitò nel suo giardino a bere qualcosa, eravamo un po' disidratati e lei ovviamente lo aveva notato. Non aveva neanche sentito la nostra risposta ed era già diretta in casa, in cucina, a prendere da bere. Io e il mio amico ci guardammo un po' perplessi. Poi ci voltammo verso il giardino. Il tavolo da picnic, le sedie. Il dondolo.

Cazzo che comodo.

La signora fece capolino pochi istanti dopo dalla porta d'ingresso con un piccolo vassoio fra le mani. Tre bicchieri. Una bottiglia d'acqua in plastica e un'altra bottiglia di vetro. Quest'ultima conteneva una bevanda dal colore rosso intenso. La signora ci spiegò che quello era karkadè e che lei ne andava pazza. Ci invitò a provarlo. Era buono per davvero. 

Dopo due ore di conversazione tra un bicchiere di karkadè e l'altro, ci congedammo ringraziando e salutando la signora. E tornammo così a sfrecciare sulle strade del montegrosso con le nostre bmx. Ma era solo il principio. Da quel giorno, l'appuntamento con la signora e il suo karkadè, diventò una simpatica tappa dei nostri giri. E così ci trovavamo sempre intorno a quel tavolo, su quel dondolo, a parlare del più e del meno con la nostra nuova amica. Poi, come accade spesso nella vita, le abitudini cambiano. Si cresce.

Ma...difficilmente dimentichiamo.

Un po' di tempo fa, passeggiando in quella zona dopo tanti anni, sono ripassato davanti a quella casa. Il dondolo verde. Il tavolino da picnic. E la signora, proprio lì, dove l'avevo salutata l'ultima volta. Camminava verso l'ingresso della casa aiutandosi con il bastone. Poi si è voltata, forse incuriosita dal rumore dei miei passi, e mi ha sorriso. 

Chissà se si ricorda di me, mi sono detto. Na, è passato davvero troppo tempo.

Ho ricambiato il sorriso e, per un attimo, tentato da una sensazione inarrestabile di amarcord, volevo parlarle. Poi ho frenato l'istinto. E forse ho perso l'opportunità di una bella chiacchierata, dopo anni, sorseggiando un buon bicchiere di karkadè. Ma è davvero bastato quel semplice sorriso per riportarmi indietro, nei semplici ricordi del passato. Senza un tag, senza una foto. Tutto dentro di me. 

Incancellabile 

Ed è di nuovo lei, Vita

Nicola Seppone

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