Perché commenti su Facebook quando sei arrabbiato?
Sono in rete da quando esiste, come tanti ho visto crescere questo nuovo modo di comunicare. Facebook oggi è la massima espressione di questo percorso. L'approccio tramite questo social alle tragedie che purtroppo avvengono quotidianamente, è spesso e volentieri la più grande manifestazione di degrado che si possa immaginare, quanto meno sul web. Insulti gratuiti, cattiverie spesso indirizzate anche alle persone che nulla hanno a che vedere con un determinato fatto.
Siamo tutti potenzialmente esposti ad un linciaggio di questo tipo e accettiamo il rischio. Infatti, non serve necessariamente un coinvolgimento diretto in un fatto spiacevole, a volte basta un semplice collegamento per scatenare la feroce e irresponsabile ira dei fenomeni da tastiera. Sembra quasi che le responsabilità per le frasi scritte su Facebook seguano un percorso diverso rispetto a quelle pronunciate nella vita reale o magari di fronte ad una telecamera. Vengono scritte con una leggerezza tale, a volte e da qualcuno, che quasi viene da pensare che godano, a prescindere dal loro contenuto, di una immunità da ogni tipo di responsabilità penale.
Quindi, forse non è meglio allontanarsi dal computer o dal cellulare, quando si sente il bisogno di esprimere un giudizio con cattivo gusto e scritto in modo eccessivamente offensivo? In fondo, non può bastare il fatto di sfogarsi, magari con lo stesso commento, insieme ad un amico al bar, davanti ad un caffè? Perché dare in pasto, ad un numero indefinito di persone, la tua immagine di commentatore offensivo (circa un fatto che quasi certamente non ti riguarda in modo diretto) quando magari, quel commento di cattivo gusto, è solo il frutto di un attimo di rabbia scaturita dalla lettura di una notizia che ti ha colpito?
Nicola Seppone
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