Ci vorrà tempo

Ogni tanto provo a riavvolgere il nastro. Torno indietro e ripenso al mondo prima di tutto questo. La prima sensazione è quella di essere sprofondato in questo incubo chiamato Covid da molti più anni rispetto a quelli che sono realmente. All’inizio tutto sembrava quasi surreale (ricordo le prime code con la mascherina davanti ai supermercati mentre la gente fissava il vuoto in silenzio). Oggi tutto è diventato drammaticamente normale. 


Il bollettino ha sostituito il tramonto del sole come segnale di una giornata che volge al termine. I colori delle zone, quelli che eravamo convinti di esserci lasciati alle spalle, tornano. Tv e giornali parlano solo di virus e vaccini. Come se tutto il resto si fosse volatilizzato. Sui social va in scena il trionfo di una democrazia declinata in una libertà di manifestazione del proprio pensiero senza limiti. 


Ogni giorno viaggiano in rete milioni di informazioni. Milioni di messaggi che provano a dare spiegazioni e interpretazioni diverse a tutto quello che sta accadendo. A comunicare con l’universo-mondo son meccanici, fruttivendoli, giornalisti, nullafacenti. E tutto si mischia con i pensieri di luminari del settore. Tutto sembra avere lo stesso valore. Tutto diventa discutibile. Tutto. È il terreno più fertile per il proliferare della confusione. 


Ricordo bene, prima di tutto questo, quando pensavo alla parola “vaccino”. Il vaccino per me è sempre stata una cosa buona. Quasi bella. Oggi non penso il contrario. Mi sono vaccinato, credo nella scienza. Ho scelto di fidarmi consapevole dei rischi. Per questo non me la prenderei con nessuno nel malaugurato caso in cui mi dovesse succedere qualcosa. 


Stiamo facendo di tutto per andare avanti in una nuova normalità. Molti escono di casa la mattina sforzandosi di non pensare a tutto quello che sta succedendo. Adesso si avvicina il Natale. L’albero. Il presepe. I regali. I pranzi e le cene in famiglia. Proveremo, anche quest’anno, a ritagliarci un po’ di normalità in un mondo che sta cambiando sotto ai nostri occhi. 


Non vorrei mai trovarmi nei panni di chi deve prendere delle decisioni. Ma dall’altra parte della barricata le cose non vanno molto meglio. Le divisioni sociali aumentano. E l’aspetto più drammatico è quello che vogliamo a tutti i costi far finta di non vedere. Ed è il fatto che tutto questo non è destinato a scomparire oggi, domani o tra un anno. Ci vorranno anni. Molti anni. 


Ci vorrà tempo.

E tanta pazienza. 


Nicola Seppone 






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